I Programmi del Corso di Diploma Accademico di 1° Livello in Recitazione dell'Accademia Internazionale di Teatro sono strutturati in insegnamenti prevalentemente pratici a cui si affiancano insegnamenti teorici a supporto della formazione accademica.
Fra la fine dell'800 e l’inizio del ‘900 si assiste al passaggio dal teatro classico al moderno
ovvero da un teatro di parola ad uno incentrato maggiormente sull’azione fisica, sul gesto.
La nascita della psicanalisi con Freud apre la pista al lavoro teorico di Stanislavskij, incentrato sull’emozione
interpretativa dell’attore. Accanto alle figure classiche del teatro, quella dell’attore e dell’autore,
nasce una nuova figura che in breve diverrà centrale: il regista.
Con l’affermarsi delle avanguardie storiche, nascono nuove forme di teatro come il “teatro della crudeltà”
di Artaud, il “teatro epico” di Brecht e, nella seconda metà del secolo, il “teatro dell’assurdo”
di Beckett e Ionesco che modificano radicalmente l’approccio alla messa in scena e determinano una nuova
strada per il teatro, già aperta da autori del calibro di Cocteau, Strindberg, Ibsen e Cechov, senza
dimenticare Jarry che con l’ “Ubu Roi” rompe gli schemi del teatro borghese.
Analizzeremo le opere e il lavoro dei diversi autori che hanno contribuito a questa evoluzione teatrale.
Espressionismo, Astrattismo, Futurismo, Cubismo, Dadaismo, Surrealismo sono solo alcune delle correnti artistiche,
comunemente denominate “avanguardie”, che hanno caratterizzato i primi anni del Novecento. Ci si
interroga sul ruolo dell’artista nella società e si arriva a mettere in discussione il concetto stesso
di arte infrangendo ogni canone del passato in nome di una rivendicata libertà di espressione. Non c’è
campo sociologico che non venga investito dall’ondata di rinnovamento delle avanguardie: dalla tecnologia alla
politica passando ovviamente per la cultura.
Al centro della discussione vi è sempre il tema dell’incomunicabilità, figlia di un secolo
veloce e crudele che ha sacrificato sull’altare del progresso la propria umanità. Il teatro è
stato sicuramente influenzato in particolar modo dalle correnti del Futurismo e del Surrealismo: gli elementi
drammatici, spinti, al di là della logica, toccano il senso del mistero e del limite umano.
Partendo da Jarry fino alle opere di Cocteau e di Artaud, ci si muove in un gioco di specchi dove la farsa risponde
al dramma, la tragedia alla commedia, la realtà alla fantasia.
I personaggi sono estremizzati e
alternano l’esasperata crudeltà con una soffusa ironia. Circostanze illogiche vengono tenute in piedi
da testi estremamente lucidi e, di contro, situazioni quotidiane al limite del banale vengono abitate da personaggi
e dialoghi totalmente illogici. Ne esce un effetto sorprendente, quasi sovrannaturale.
Il ruolo che il teatro si ritaglia nella società moderna è principalmente quello di specchio e monito
dell’umanità, non più luogo di mero divertimento ma propulsore di cambiamenti e di nuove
ideologie.
È su quest’onda che, sul finire degli anni ‘30, Brecht elabora un’originale forma
di teatro, che definirà teatro epico, teso non a provocare l’emozione, ma a stimolare il ragionamento.
Il pubblico non deve essere sottoposto a suggestioni, che ne favoriscano l’immedesimazione con questo o quel
personaggio, ma deve trovarsi di fronte ad argomenti che ne stimolino giudizio critico.
Per ottenere questo effetto di lucido distacco, chiamato “straniamento”, si adotta una particolare
tecnica recitativa, basata su un ruolo centrale della narrazione, su una recitazione spesso interrotta da
riflessioni e commenti che porta gli stessi attori ad essere dentro e fuori alla vicenda interpretata e soprattutto
sull’uso di didascalie, canzoni e cartelli che interrompono la vicenda evitando, in questo modo, il
coinvolgimento nei conflitti psicologici e nella relazione tra i personaggi.
Questo “raffreddamento”,
assimila la poetica brechtiana alla “Nuova oggettività” e ai messaggi di violenta denuncia che
negli stessi anni elabora Georg Grosz nelle sue opere.
Dopo un’attenta analisi dei maggiori movimenti artistici del novecento, dal Realismo all’Espressionismo,
dal Futurismo al Surrealismo, lo studio si concentrerà sul rapporto fra “arte figurativa”
e “arte rappresentativa”.
Come mettere in scena un quadro? Come ritradurre forme, colori e personaggi? Come rappresentare un ambiente e uno
spazio? Quali testi e poesie integrare all’immagine? Quali musiche? Un lavoro affascinante di composizione a
tutto tondo, alla ricerca di una qualità espressiva di parola e
movimento, capace di mettere in scena un’atmosfera, un colore, una luce, dando così forma alla
tormentata pennellata di Van Gogh, ai sognanti violetti di Chagall, al tratto deciso di Picasso.
Infine gli allievi presenteranno diverse opere pittoriche, in una sequenza non casuale di quadri scenici il cui
apice poetico sarà proprio il passaggio tra un’immagine e l’altra.
La ricerca artistica sui grandi temi della nostra epoca, l’incapacità di comunicare, la solitudine, l’alienazione,
l’abbrutimento, la crudeltà, lo scetticismo, porta come risultato delle metodologie interpretative
molto diverse fra loro che hanno però in comune una dimensione poetica irreale che rappresenta il vuoto
esistenziale dell’uomo moderno.
Eliminato il valore emozionale, il gesto subisce una profonda trasformazione divenendo meccanico e, nella
ripetizione della meccanicità, assurdo.
Libero da ogni convenzione precostituita e dal dover
rappresentare un significante coerente con la realtà, anche il linguaggio diventa un insieme frammentato di
significati che hanno come unico messaggio la mancanza di comunicazione e il nonsense.
Dopo un periodo di sperimentazione su personaggi e dialoghi del teatro dell’assurdo, ed una serie di
improvvisazioni su ambientazioni surreali, gli allievi si eserciteranno su molteplici brani teatrali, tratti dalle
opere dei principali autori delle “avanguardie”, valorizzando di volta in volta i meccanismi di
scrittura ed interpretativi che caratterizzano la ricerca degli autori presi in considerazione.
Il teatro del Bauhaus nasce con forti presupposti ideologici dall’idea del regista Erwin Piscator e dell’architetto
scenografo Walter Gropius, fondatori di un progetto collettivo, il “Bauhaus” appunto, che negli
anni ’20 e ’30 raccoglieva i migliori talenti d’Europa nel campo del design, delle arti applicate
e dell’architettura.
Basandosi sull’idea di una similitudine tra l’arte della costruzione e l’arte scenica, il teatro
del Bauhaus costruisce forme geometriche intorno al corpo dell’attore, in rapporto allo spazio, attraverso
strutture flessibili, proiezioni ed effetti illuminotecnici. Si sperimenterà così il ruolo “drammatico”
della scenografia, dei materiali, la loro influenza sulla scena e sull’interpretazione. Gli oggetti, presi
e “rovesciati”, le loro forme ribaltate e capovolte nel significato, vanno ad assumere una nuova
potenzialità espressiva. Il lavoro sull’architettura dello spazio scenico è alla base di un’interessante
ricerca che la scuola porta avanti a diversi livelli: dalle sue forme più elementari fino alle complesse
scenografie in movimento realizzate dagli studenti delle classi avanzate.
Come cambia il meccanismo comico del “teatro dell’assurdo” quando l’occhio del
pubblico è una telecamera?
Cosa cambia nel tempo comico, nella recitazione, nel corpo, nell’espressività del viso? Come
interpretare dei personaggi che non dispongono di una vera e propria “identità” psicologica?
Ancora una volta, il percorso di studio si concentra sulla differenza, all’interno di uno stesso stile, fra l’interpretazione
teatrale e quella cinematografica.
Questa volta i nostri referenti saranno “I Monty Python”, uno dei team più dissacranti del cinema
inglese. Dopo aver visionato parte della loro filmografia, gli allievi saranno chiamati ad ideare ed interpretare
sketch sull’assurdo ed il nonsense, usando, con le dovute accortezze, un linguaggio specificatamente
cinematografico.
Il percorso di studio teatro/cinema è alla sua terza tappa: dal realismo dei personaggi nel 1° anno, alla
recitazione shakespeariana nel 2° anno, all’alterazione, assenza e paradosso dei personaggi surreali e
nonsense.
Filmografia dei Monty Python
- E... ora qualcosa di completamente diverso (And Now For Something Completely
Different 1971)
- Monty Python e il Sacro Graal (Monty Python and the Holy Grail 1975)
- Brian di Nazareth (Monty Python's Life
of Brian 1979)
- Il senso della vita (The Meaning of Life 1983)
- Un pesce di nome Wanda (di Charles
Crichton, con Kevin Kline, John Cleese, J. Lee Curtis 1988)
Filmografia altra
- Frankestein Junior (di M. Brooks, con Gene Wilder 1975)
- Helzapoppin (di Henry C. Potter
1941)
L’excursus del fenomeno comico, si completa con lo studio dei meccanismi insiti nella commedia moderna e nella farsa. Se nella prima, la cui tradizione è principalmente italiana e francese, la comicità scaturisce da personaggi caratterizzati e da un testo ricco di battute esilaranti, nella farsa, maggiormente di tradizione anglosassone, i personaggi quotidiani e asciutti si trovano intrappolati in una serie di equivoci e meccanismi a catena che fanno scaturire il riso dalla situazione anziché dal testo.
Lo studio delle opere di De Filippo rimanda inevitabilmente ai temi e alle tecniche d’improvvisazione della Commedia dell’Arte ma qui il personaggio, persa l’istintiva animalità della maschera, assume una connotazione psicologica. I personaggi di De Filippo sono in qualche modo dei “tipi fissi” nati dall’osservazione realistica della società italiana della prima metà del XIX secolo e rappresentano la “tragedia” dell’uomo moderno in balia del conflitto fra individuo e società.
I personaggi di Labiche, sono invece “maschere borghesi”, ritratti caricaturali incastonati in dinamiche prettamente quotidiane. Il personaggio si muove sempre su un doppio piano: fra ciò che è e ciò che vuole apparire. La comicità quindi nasce dall’intreccio della trama e dal rapporto complice con il pubblico.
Il viaggio prosegue con le commedie di Michael Frayn. Nella sua opera si ritrovano quasi tutti i meccanismi comici: i giochi farseschi, la commedia di personaggi e contropersonaggi, la ripetizione, il tormentone, il doppio senso della battuta, la comicità di situazione, il dietro scena, il metateatro, l’assurdo, la disfunzione, la gag, l’equivoco, le reazioni clown. etc. Per gli allievi, quindi, sarà un’ottima palestra, per testare le conoscenze acquisite nel tempo, sul teatro comico.
L’opera di questi commediografi è esemplificativa del genere di comicità che si basa sugli elementi tipici della farsa: lo scambio di persona, l’equivoco di situazione, la messa in mostra di vizi e difetti della società attraverso la reazione di situazioni e personaggi paradossali, dalla comicità piccante.
A conclusione di questo periodo di studio ci si concentrerà sulle diverse sfumature della commedia,
esplorandone le derive cinematografiche: il “noir” e lo humour “tipically english”, la
commedia brillante, la commedia farsesca, il genere grottesco, soffermandosi su sceneggiature cinematografiche e
sulla coerenza immedesimativa dei personaggi.
I film prescelti sono quasi tutte vicende “corali”, dove intervengono molteplici personaggi, ciascuno
con le sue circostanze precedenti. Recuperando pertanto la tecnica del Metodo Strasberg, gli allievi proporranno
versioni originali e personalizzate delle pellicole analizzate, sviluppandone sia l’interpretazione teatrale
che quella cinematografica.
Filmografia
A questo punto del percorso, acquisite le tecniche recitative in base agli stili e maturate maggiori competenze attoriali, si rende necessario approfondire lo studio del personaggio attraverso l’analisi e l’apprendimento di testi sia drammatici che comici prescindendo dallo stile. In tal modo l’allievo affronterà il monologo e il dialogo superando il limite stilistico e sperimentando nella recitazione l’unione e l’organicità della materia teatrale. I testi scelti per questo percorso sono tratti da: “I Giusti” e lo “Stato d’assedio” di A. Camus, “La moglie ebrea” di B. Brecht, “Colloquio notturno con un uomo disprezzato” di F. Durrenmatt, “La vita è un sogno” di V. Calderon, “Maria Stuarda” di F. Shiller, “Il messaggio di Jehanne”, “Mozart e l’intendente grigio”, “Nascuntur poetae” e “Venne Orlando alla torre” di T. Wilder,”Un tram chiamato desiderio”, di T. Williams, “L’Anniversario” e “L’amante” di H. Pinter, “Il bell’indifferente” di J. Cocteau, “Piccoli crimini” di E. Schmitt e “Il belvedere” e “Viva la regina” di A. Nicolaj.
Le tecniche della pantomima bianca vengono applicate allo studio del Cartoon e del Fumetto nei quali l’attore,
perso ogni appiglio verbale, è costretto ad una comunicazione fatta di fotogrammi immediatamente leggibili e
suoni onomatopeici. I supereroi più famosi, con la loro trasformazione scenica degli spazi, gli impulsi
vitali e frenetici, il gesto pulito, non sono altro che la trasposizione futuribile e caricaturale degli eroi
tragici e dei “tipi fissi” della tradizione dell’arte.
Dall’incontro del buffone con l’attualità nasce un personaggio che porta tutta la sua irriverenza e la sua forza critica non più nelle deformazioni fisiche ma in quelle mentali e del comportamento: è il buffone moderno. Mimetizzandosi completamente con i personaggi conosciuti e stimati dalla società moderna, ne farà emergere vizi e recondite intenzioni. Gli allievi si eserciteranno inizialmente con l’imitazione credibile delle diverse ritmiche del parlato: dal cronista sportivo a quello di cronaca, dal martellante giornalista dei TG, al conduttore di un talk show piuttosto che una trasmissione di moda, di cucina fino alle urla esasperate delle più logoranti televendite. Poi, una volta esercitata la parola, si studieranno i modi di fare, di apparire, i tic e le peculiarità psicologiche dei personaggi pubblici di cui costruiranno una sagace parodia.
Questa fase di studio si basa sull’osservazione sociologica dei nuovi media: sui messaggi che veicola, sulle
manipolazioni subliminali che modificano valori e modelli comportamentali, sulla profonda disfunzionalità
sociale che portano con sé. La satira applicata ai prodotti dello schermo televisivo, trasmissioni di cronaca
e sportive, quiz, telenovelas e pubblicità, crea una particolare forma di commedia umana.
Nella creazione degli “sketch di situazione” si parte da una tecnica imitativa e dalla decomposizione
del movimento nel tentativo di rendere i movimenti di camera: una “dissolvenza”, un “replay”,
un “go back”, un “rallentato”, un “accelerato”, una “zoomata”,
uno “zapping martellante”; in un secondo momento, sulla base delle molteplici improvvisazioni e sulle
scritture elaborate dagli stessi studenti, si aggiunge il gioco satirico attraverso i meccanismi derisori del
paradosso, trasformando così il palcoscenico in uno schermo delirante e pungente.
Questa fase di studio sviluppa la conoscenza della propria identità vocale e il suo sviluppo indirizzato alla teatralità. Si lavorerà con il ritmo della respirazione, del gesto della frase, si conosceranno le leggi che governano ill rapporto tra respiro e la proiezione della voce nello spazio. Nel terzo anno gli allievi applicano le tecniche vocali e fonetiche nelle difficili interpretazioni legate ai testi del teatro dell’Assurdo basati sull’incoerenza del senso logico e su un linguaggio frammentario, automatizzato, schizofrenico che richiede particolari virtuosismi vocali. Inoltre, nelle interpretazioni parodiche e di satira di costume, ci si allena all’analisi e alla riproduzione di particolari stili di linguaggio e delle ritmiche del parlato.
Nel terzo anno di studio, il lavoro sul movimento si concretizza su due fronti: da un lato l’aspetto creativo e compositivo viene applicato ai diversi linguaggi teatrali con la creazione di coreografie inserite nelle ambientazioni del relativo stile interpretativo (tragico, meló, buffonesco, surrealista etc.) e con il teatrodanza che unisce tecnica, capacità espressiva, capacità di improvvisazione e capacità di narrare attraverso il linguaggio del corpo; dall’altro l’espressione corporea, ormai matura e consapevole, si spinge nella ricerca di virtuosismi tecnici e mimici, dalla stilizzazione all’astrazione del movimento, fino alla riproduzione, con il solo mezzo del corpo, degli effetti speciali video-cinematografici.
- Tragiche
- Metropolitane
- "Foire"
- Meló
- Buffonesche
- Elisabettiane
- Surrealiste
- Pittoriche
- Teatrodanza
- Il fotogramma
- La moviola
- Lo zoom
- Il rallenty
- La dissolvenza
- Lo zapping
- Rewind
- Flash Forward
- Flash back
- Sistemi di composizione istantanea
- Macrosistemi improvvisativi
- Composizione consuntiva
- Studio delle traiettorie spaziali
- "Mozioni" dei sentimenti
- Gesto quotidiano e sua astrazione
- Ripetizione di singole cadenze motorie
- Stilizzazione dei movimenti
- Improvvisazioni voce-movimento
- Floorwork e Partnering
Il metodo Feldenkrais è un metodo ideato dallo scienziato, fisico e ingegnere israeliano Moshé Feldenkrais. Si basa essenzialmente sul prendere consapevolezza dei propri schemi motori ed è composto da sequenze di semplici movimenti che coinvolgono ogni parte del corpo. Attraverso un ascolto profondo delle sensazioni che i movimenti suscitano, gli allievi apprendono a percepire e correggere i propri squilibri posturali e sperimentano il “movimento economico” spinto non dalla forza muscolare ma dal peso stesso del corpo e dalla dinamica del movimento migliorando così la propria coordinazione e fluidità.
La Studio teorico della musica viene affrontato attraverso il suo sviluppo dall’antichità alla nascita della polifonia; dalla canzone di gesta dei trovatori alle innovazioni del ‘400 e del ‘500 che hanno portato alla nascita del melodramma, dell’opera lirica che ha reso celebre in tutto il mondo l’Italia e dalla quale è stata modulata la formula del musical anglosassone; attraverso i grandi autori del periodo Barocco, Classico e Romantico, arriviamo alle innovazioni stilistiche del ‘900. Accanto allo studio teorico viene affrontata la pratica del canto corale: partendo dalla suddivisione delle voci nelle quattro sezioni (soprano, contralto, tenore, basso), si apprendono le tecniche di canto corale e il rapporto fra le sezioni (canoni, seconda voce) e fra solista e coro.
CANTO CORALE
Lo studio della Storia del Teatro Contemporaneo, nel 3° anno, va di pari passo con quello delle Avanguardie
Storiche (futurismo, dadaismo, surrealismo, etc.) da cui nascono nuove forme di teatro: il teatro della Crudeltà
di Antonin Artaud, la drammaturgia Epica di Bertolt Becht, il teatro dell'Assurdo di Luigi Pirandello, Samuel
Beckett e Eugène Ionesco, che modificano l'approccio alla messinscena, strada già aperta da Jean
Cocteau, Robert Musil, e Henrik Ibsen. Spicca tra gli altri, per originalità Alfred Jarry l’inventore
del personaggio di Ubu Roi.
Da un lato troviamo la sperimentazione innovativa degli autori attivi nella Repubblica di Weimar: Brecht,
Majakovskij, Piscator e Lorca. Dall’altro la pedagogia di Kostantin Stanislavskij e dei suoi allievi,
Mejerchol’d su tutti, porterà al centro dell’attenzione la figura del regista nell’esperienza
del Teatro d’Arte di Mosca. Il teatro di parola cede l’attenzione all’azione fisica e
interpretativa dell’attore e si sviluppano metodi che mettono l’accento sull’immedesimazione dell’attore
con il personaggio (metodo Stanislavskij rielaborato in seguito da Lee Strasberg) e sul senso del gioco, della
presenza e l’ascolto alla scena (metodo Jacques Lecoq).
La nascita del cinema e soprattutto la sua evoluzione storica, dal cinematografo dei Fratelli Lumière al cinema di
finzione di Georges Méliès, dal cinema narrativo fino alle ultime frontiere delle tecniche digitali, hanno segnato
una fortissima sinergia fra l’antica arte scenica dal vivo e la “nuova” forma di rappresentazione che nel corso
degli anni ha dato notevoli frutti artistici e che ancora oggi è feconda.
Negli anni ‘60 e ‘70, il teatro prende spunto e si contamina con la tradizione orientale, lo yoga, le
arti marziali, le discipline spirituali. Il percorso di formazione dell'attore è concepito come
crescita personale. Anche in Italia, dal secondo dopoguerra ad oggi, si sviluppa il teatro di regia con figure di
grande portata come Eduardo e Strehler.
La funzione del regista, che prende il sopravvento sulla figura del capocomico “mattatore”, determinerà
la struttura stessa di uno spettacolo ed il tipo di interpretazione richiesta agli attori. Grande è l’influenza
di questi maestri sul movimento teatrale del dopoguerra e sulla creazione dei “gruppi”, basti pensare
all'Odin Teatret di Eugenio Barba, al Teatro Povero di Jerzy Grotowski, al teatro di denuncia del Living
Theatre di Julian Beck e Judith Malina, fino alle applicazioni dell'Actor's Studio di Lee Strasberg.
Il teatro di ricerca e l’open-air nascono dall’esperienza delle tecniche di lavoro e di training dei "gruppi
teatrali" degli anni '70 e si sono evoluti fino ai nostri giorni nutrendosi delle contaminazioni dei linguaggi e
delle innovazioni tecnologiche dei nuovi media.
Sotto il nome di Teatro Open Air, la rappresentazione teatrale si arricchisce di nuovi linguaggi: scenografie in movimento, videoproiezioni ed astrazioni. Le diverse tecniche e modalità espressive danno vita a un linguaggio visivo di forte impatto, in grado di dialogare con persone di ogni età, etnia e cultura e di raggiungere un pubblico internazionale. Gli spettacoli prevedono l’uso combinato di macchinari, grandi oggetti in movimento, fuochi d’artificio, giochi d’acqua, musica (anche dal vivo) e proiezioni video. Il video è uno strumento di grande interazione che si fonde con una drammaturgia creata dalla sperimentazione, la ricerca e l’incontro con i diversi linguaggi: cinema, danza, nanodanza, performance, “bricolage” teatro di Figura (burattini, marionette, pupazzi, ombre) e Teatro Nero. Una sorta di polifonia di campi artistici narrati in parallelo che offrono una stimolante versatilità creativa.
Componente fondamentale per la messa in scena, è il rapporto fra l’attore, lo spazio scenico (bi o tridimensionale, realistico, simbolico, astratto) e l’utilizzo degli elementi e degli oggetti presenti nello spazio. Dal rapporto fra attore, spazio e oggetti, infatti, si crea il montaggio delle scene teatrali che caratterizza la cifra stilistica della regia. E' necessario partire da una conoscenza di base delle strutture teatrali. L'ambientazione e la conformazione che il regista immagina per la scatola teatrale determinano una prima forma di contestualizzazione della messa in scena e ne definiscono, attraverso il solo impatto visivo, ill messaggio critico o ironico, la volontà di attenersi ad una rappresentazione filologica o meno e alla poetica delle immagini. La direzione dell'attore viene messa in relazione alla componente scenografica in un'ottica di conformità (scenografia filologica - recitazione realistica) oppure di contrapposizione (scenografia simbolica - recitazione realistica o scenografia realistica - recitazione assurda). L'uso degli oggetti di scena e la loro manipolazione sono espressione del tessuto drammaturgico voluto dal regista.
Trasformare uno spettacolo in un "progetto artistico" significa allargare gli orizzonti, immaginare collaborazioni, stakeholders, opportunità che quel progetto può portare ad un territorio o ad un ideale o ad un pubblico particolare. Per fare questo bisogna applicare al progetto artistico le fasi di creazione che caratterizzano qualunque tipologia di progetto: una fase di pianificazione in cui vengono definiti gli obiettivi e le attività con cui si intende raggiungerli; una fase di esecuzione, nella quale vengono definite le risorse umane e le risorse economiche necessarie al progetto, si mettono in moto le attività pianificate e si affrontano eventuali contrattempi non previsti; infine la fase di chiusura di un progetto nella quale si valutano i risultati ottenuti.
- Dall’idea alla realizzazione
- Gestione e distribuzione
- Il C.C.N.L.
- Amministrazione/Budget
- Fundraising e sponsorizzazioni
- Marketing dello spettacolo
- Comunicazione
- Ufficio stampa
- Promozione del settore cultura
- Guerrilla marketing
- Festival nazionali ed internazionali
Gli allievi si esercitano nella scrittura e messa in scena di poesie, monologhi e narrazioni, fino all’elaborazione di una sceneggiatura, alla scrittura di sketch e di liberi adattamenti di “scene”, di “atti”, fino alla sintesi di intere opere, dell’autore preso in considerazione. Ci si cimenta così con brevi messe in scena che mettano a confronto gli allievi con gli aspetti registici della rappresentazione: dalla selezione ai tagli del testo, dallo stile narrativo all’individuazione dei linguaggi scenici più adatti a rappresentarlo, dalla scelta di una colonna sonora all’allestimento scenico. Tale lavoro viene supportato con la ricerca ed analisi delle diverse messe in scena della stessa opera o di opere dello stesso autore tanto teatrali quanto televisive o cinematografiche attraverso la proiezione di filmati di repertorio, contributi audio-visivi e ricostruzioni storiche e documentaristiche.
Vengono analizzati gli stili e i linguaggi dall'inizio del '900 fino ai nostri giorni, dalle avanguardie al teatro di regia, dalla sperimentazione alla satira, dalle commedie farsesche a quelle surreali e si individuano le diverse tecniche di regia applicate allo spettacolo dal vivo, al cinema e ai nuovi media fino alle più recenti commistioni con le tecniche digitali. Con il supporto di filmati di repertorio, contributi audiovisivi e ricostruzioni storiche e documentaristiche si mettono a confronto le scelte stilistiche, i metodi di training e direzione dell’attore e le messe in scena dei grandi maestri del ‘900. A seguito di questa fase, gli allievi sperimentano la scrittura e la messa in scena di liberi adattamenti delle opere di molti autori e brani originali tratti dagli ambienti, tematiche e meccanismi interpretativi del nonsense, del teatro dell’assurdo, epico, surreale, etc. Gli allievi sperimentano quindi il lavoro di adattamento delle commedie d’autore, il rapporto del teatro con le arti visive, la scrittura di sketch di satira di costume, il rapporto virtuoso con l’immagine.
La fase conclusiva di questo percorso, porterà ogni singolo allievo all’ideazione e realizzazione di un progetto personale di scrittura e regia. Ogni allievo, nel periodo di lavoro dedicato, sarà regista del proprio progetto, dirigendo un gruppo di 4/6 allievi/attori. Questa esperienza è per l'allievo totalizzante in quanto egli ha la possibilità, non solo di realizzare il progetto di regia sperimentando il proprio metodo di direzione con gli attori a sua disposizione, ma anche di confrontarsi con tutti gli aspetti artistici che compongono le scelte registiche: dalla musica al costume, dal trucco alla scenografia, dalle luci al rapporto con il pubblico.
Il progetto di regia, affiancato dall’insegnante, si articolerà in diverse fasi:
1) Presentazione e discussione del progetto. 2) Tracciato Metodologico. 3) Prove con gli attori.
4)
Verifica
intermedia. 5) Presentazione pubblica. 6) Critica del lavoro.
La pedagogia teatrale affonda le sue radici nelle innovazioni che i registi-pedagogisti del Novecento (Stanislavskij, Mejerchol'd, Vachtangov, Copeau, Brecht, Grotowski, Brook, Boal, Barba ecc.) hanno apportato in campo teatrale all'interno dei laboratori della ricerca teatrale del XX secolo, laddove l'attenzione viene spostata dalla realizzazione di uno spettacolo alla centralità dell'attore, protagonista di un processo. Il teatro s'incontra con la pedagogia nel momento in cui pone al centro l'uomo e gli dà voce, nel momento in cui recupera ogni singolo individuo con la propria personalità e la propria espressività e lo fa crescere attraverso un percorso individuale che è, però, inserito in un disegno di gruppo.
- Esercizi sulla respirazione e presenza
- Esercizi sull’ascolto e interazione
- Esercizi di rilassamento e concentrazione
- Esercizi sulla coordinazione e ritmo
- Esercizi su spazio e equilibrio
- Training di memoria sensoriale
- Training su motivazioni e circostanze
- Riscaldamento fisico e vocale
- Improvvisazioni sensoriali
- Introduzione agli stili
- L’esercitazione sui testi
- Improvvisazioni sui tempi comici
- Le dinamiche di gruppo
- La critica ai lavori visionati
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